La fattispecie oggetto del presente approfondimento concerne i finanziamenti assistiti da garanzia pubblica ai sensi della L. 662/1996, art. 2 comma 100, lettera a), ma anche i finanziamenti COVID 19, che pure sono stati erogati con garanzia statale di MCC (o SACE).
Molti sono i problemi sui quali gli interpreti si sono interrogati a proposito di questo argomento e che allo stato non hanno trovato soluzione. Tra questi, i più spinosi concernono:
- Il concetto di surrogazione di MCC nelle garanzie private bancarie rilasciate a favore dell’ente finanziatore, a seguito di liquidazione della perdita e quindi di escussione;
- il privilegio che assisterebbe detto credito verso il garante privato e l’applicabilità di detto privilegio ratione temporis;
- la possibilità che venga esperita azione esecutiva verso i fideiussori attraverso emissione di cartella di pagamento non preceduta da alcun titolo esecutivo.
I vari quesiti presuppongono la soluzione a monte del problema della qualificazione di detto diritto di credito, o presunto tale, verso i fideiussori privati bancari.
Il nodo giuridico da risolvere consiste quindi in primis nell’identificazione della tipologia di diritto di credito che spetta a MCC nei confronti sia del beneficiario sia del garante privato bancario dell’impresa beneficiaria dell’agevolazione, a seguito dell’escussione della garanzia pubblica.
Il garante bancario viene in considerazione in relazione alla fideiussione, che sovente l’istituto di credito finanziatore ha fatto rilasciare a terzi soggetti in proprio favore, al momento dell’erogazione del finanziamento assistito anche da garanzia statale.
La Terza sezione della Corte di Cassazione ha affrontato recentemente questo problema di qualificazione con riferimento al garante bancario con le pronunce n.1005/2023, n.9657/2024 n.15485/2024.
In tali precedenti, viene sostenuta la tesi per cui, a seguito dell’escussione della garanzia pubblica, si determinerebbe la surrogazione di MCC nella posizione dell’ente finanziatore (la Banca) e contemporaneamente si assisterebbe alla nascita di un nuovo diritto di credito di natura privilegiata, in quanto non più volto al recupero dell’originario credito, ma mirato alla riacquisizione di risorse statali.
Così si è espressa Corte di Cassazione con la sentenza n.9657/2024:
«Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, in tema di interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia pubblica, l’avvenuta escussione di quest’ultima nei confronti di Mediocredito Centrale determina la surrogazione di detto garante nella posizione del garantito, con la nascita di un diritto di natura privilegiata, non più̀ volto al recupero del credito di diritto comune originato dal primigenio finanziamento, bensì mirato a riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità̀ del fondo per le piccole e medie imprese, con conseguente legittimità̀ della riscossione esattoriale ex art. 17 d.lgs. n. 46 del 1999 (Cass., sez. 3, 16/01/2023, n. 1005; Cass., sez. 1, 09/03/2020, n. 6508)».
La soluzione prospettata, se coordinata nell’intero sistema, tuttavia non pare convincente e comunque si pone in contrasto con altre pronunce della Suprema Corte, che invece hanno affrontato l’aspetto qualificatorio con riferimento al beneficiario dell’agevolazione, risolvendolo in modo diverso.
In particolare, il concetto stesso di surrogazione con nascita di un nuovo diritto, si pone in contrasto:
- con la Sezione Prima della Cassazione che, con la sentenza n.1453/2022, nega che l’escussione della garanzia statale determini la nascita di un nuovo diritto privilegiato da recuperare, connettendo il credito dello Stato invece all’originaria ammissione all’agevolazione statale;
- con la precedente giurisprudenza della medesima Terza Sezione, che con la pronuncia n.8882/2020 aveva negato che a seguito dell’escussione della garanzia statale nascesse un nuovo diritto di credito privilegiato, affermando invece che il diritto restitutorio dello Stato nascesse ex lege privilegiato al momento della concessione statale in qualunque forma effettuata;
- con la giurisprudenza della Corte di Cassazione penale (cfr. infra), che in relazione all’utilizzo dei fondi oggetto di finanziamenti MCC, considera rilevante esclusivamente l’elemento pubblicistico, relegando a mera partnership il ruolo del finanziamento bancario;
- con gli arresti della Magistratura Contabile (cfr. infra), che ha recentemente affermato la propria giurisdizione sui finanziamenti garantiti da MCC, in quanto aiuti di Stato e in quanto tali aventi rilievo pubblicistico, contrastando quindi con detta soluzione una ricostruzione che faccia emergere, attraverso il richiamo alla surrogazione, l’aspetto privatistico della fattispecie.
Il contrasto dunque, in estrema sintesi, attiene la genesi e il contenuto del diritto di credito e quindi del privilegio riconosciuto a MCC (o SACE per fattispecie comunque della stessa natura) a seguito di escussione: secondo le precedenti pronunce della Terza Sezione, quelle recenti della Prima Sezione e secondo un’interpretazione sistematica, il credito dello Stato verso il beneficiario dell’agevolazione nasce al momento della concessione dell’agevolazione e nasce già privilegiato, poiché l’inadempimento, la revoca, l’escussione della garanzia statale si pongono alla stregua di mere condizioni risolutive o decadenze della sola azione di recupero del credito, che è privilegiato in quanto trattasi di agevolazione statale.
In altre parole, l’escussione della garanzia statale non fa nascere un nuovo diritto privilegiato, dato che quel diritto di credito è precedente rispetto all’escussione e nasce privilegiato ab origine.
Viene così valorizzato l’aspetto marcatamente pubblicistico dell’operazione di finanziamento garantito dal Fondo PMI, ed è proprio perché viene identificata la natura statale dell’agevolazione che è riconosciuto il privilegio al credito restitutorio.
In fattispecie sostanzialmente analoga, riguardante un finanziamento COVID 19, recentemente la Corte dei Conti (cfr. sent. 200/2024 sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello), come sopra accennato, ha riconosciuto la propria giurisdizione per l’ipotesi di sviamento dell’agevolazione statale dalle sue proprie finalità di sostegno, con ciò confermando espressamente il filone giurisprudenziale della Corte di Cassazione sia civile sia penale (richiamate le sentenze nn. 28416/2022, 11246/2022 e 2125/2022) che ricostruisce i finanziamenti garantiti da SACE e da MCC come agevolazioni statali con partnership degli istituti di credito.
Si discute in sostanza secondo la giurisprudenza penale della Corte di Cassazione di «una forma di aiuto pubblico realizzato non attraverso l’erogazione diretta del finanziamento da parte dello Stato, ma favorendo l’accesso al credito e quindi l’erogazione del finanziamento da parte degli istituti bancari alle imprese» (cfr. Cass. pen. n.28416/2022).
Medesime considerazioni pertanto debbono valere, oltre che per i finanziamenti COVID 19, anche per le agevolazioni consistenti nell’accesso facilitato al credito a sostegno delle PMI e realizzate attraverso la garanzia ex L. 662/1996, art. 2 Comma 100, Lettera A), anch’essa misura di sostegno rientrante, pacificamente, nell’alveo degli aiuti di Stato.
La ricaduta di detta qualificazione del credito dello Stato sulla posizione del garante privato bancario, che non sia parte del procedimento pubblico di concessione dell’agevolazione statale, o che non abbia concesso una garanzia per gli obblighi restitutori dello Stato, è evidente.
Qui infatti si annida il contrasto tra le pronunce recenti della Terza Sezione di Cassazione e quelle della Prima Sezione.
Il credito restitutorio dello Stato è infatti uno e uno solo e la sua natura non può essere difforme né mutare nel caso di recupero verso il beneficiario rispetto al recupero verso il terzo prestatore di garanzia.
In altri termini o il credito nasce privilegiato sia per il beneficiario, sia per il garante, oppure lo diventa a seguito dell’escussione, ma per entrambi.
Tanto questo è vero che le cartelle di pagamento emesse da ADER, corrispondono ad un unico ruolo, quindi ad un unico debito e nella descrizione del tributo viene generalmente indicata la dizione «revoca contributo concesso».
Il garante bancario però non è parte del procedimento di concessione, non è destinatario dell’agevolazione, non è responsabile dell’inadempimento alla restituzione, non è in sintesi soggetto passivo di alcun diritto restitutorio di stampo pubblicistico da parte dello Stato.
Il garante privato bancario ontologicamente non può essere soggetto passivo di un credito restitutorio derivante dal recupero dell’originaria concessione statale, non essendone parte, o meglio, quando non ne sia parte, ossia quando non abbia garantito espressamente la restituzione dell’agevolazione, ma solo il credito bancario.
Arrivati a questo punto del ragionamento è evidente che si debba considerare l’art. 8 bis L.33/20215, che, richiamando l’oscura figura del terzo prestatore di garanzia, così dispone:
«3. Il diritto alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l’efficacia del privilegio non sono subordinate al consenso delle parti. Al recupero del predetto credito si procede mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni».
Detto rifermento ai terzi prestatori di garanzie fino ad oggi è stato inteso dalla giurisprudenza e da MCC come riferito ai garanti privati bancari, che quindi in questa prospettiva vengono aggrediti (come recentemente affermato anche dalla Terza Sezione della Cassazione) per effetto della surrogazione di MCC nella posizione dell’ente finanziatore.
Questa interpretazione costringe quindi ad ammettere come possibile la trasformazione di un credito chirografario in uno privilegiato, il che però contrasta evidentemente con il principio della par condicio creditorum rendendosi, quindi, a parere di chi scrive, inammissibile.
È proprio il contrasto con detto (inviolabile) principio che ha condotto alla qualificazione del credito restitutorio del beneficiario come privilegiato ab origine perché connesso alla concessione dell’agevolazione.
Posto ciò, come sopra detto, se si accettasse la ricostruzione della natura del credito verso il fideiussore come surrogazione con nascita di nuovo diritto privilegiato ciò comporterebbe che il credito restitutorio verso il garante bancario sarebbe di diversa natura e fonte rispetto a quello vantato nei confronti del beneficiario dell’agevolazione, soluzione questa che neppure AER sembra percorrere, dato che forma un unico ruolo per la riscossione del beneficiario e dei garanti privati.
D’altra parte non va trascurato anche che, la sussunzione del diritto di credito verso il garante bancario nel segmento privatistico, richiamatosi il concetto di surrogazione, pone ostacoli che paiono insuperabili all’operatività stessa dell’istituto, problemi connessi alla natura della garanzia che lo Stato rilascia a favore dell’ente finanziatore, che è di stampo autonomo.
Il garante autonomo Stato in questa prospettiva pagherebbe infatti un debito proprio (Cass n.8085/2020).
In ogni caso, ammesso e non concesso, che la norma intenda esprimere la possibilità che MCC possa aggredire i garanti privati bancari vanno anche valutate due questioni connesse al problema di cui si sta discutendo:
- la questione inerente alla natura asseritamente privilegiata del diritto di credito di MCC verso i garanti privati bancari, indipendentemente dal momento della riscossione, e quindi la natura meramente ripetitiva dell’art. 8 bis L.33/2015, che sarebbe mera esplicazione del d.lgs 123/1998 (art.9), che riconosce il privilegio al credito restitutorio dello Stato in caso di revoca di un’agevolazione;
- la questione che verte sulla possibilità che si possano recuperare crediti asseritamente aventi causa privatistica (essendo richiamata la surrogazione) in assenza di precostituzione di un titolo esecutivo (ex artt.17 e 21 del D.lgs 46/99).
Sulla prima questione, perché l’art.8 bis L.33/2015 possa essere in thesi considerata norma ripetitiva, ossia meramente esplicativa, occorrerebbe accettare il presupposto per cui ogni diritto di credito dello Stato potrebbe essere sussunto e sarebbe in concreto sussumibile nella fattispecie dell’art. 9 D.lgs 123/1998, quindi anche il credito che non è restitutorio, quindi non è pubblico, come è il credito verso il soggetto terzo prestatore di garanzia fideiussore bancario, debitore aggredito in surrogazione e che peraltro neppure è preso in considerazione dalla suddetta norma.
Questa interpretazione, che pure è dominate, pare tuttavia una forzatura del sistema, perché se si trattasse di surrogazionelo Stato agirebbe in questo frangente iure privatorum, appunto perché si surrogherebbe nella medesima posizione dell’istituto di credito.
MCC in altre parole dovrebbe recuperare il credito di un privato (la Banca), dopo aver effettuato il pagamento in forza della propria garanzia.
In ogni caso se davvero l’art.8 bis si riferisse interpretativamente al garante bancario, il privilegio che la norma riconosce, essendo un nuovo privilegio, andrebbe applicato pro futuro, in assenza di specifica diversa indicazione.
La norma d’altro canto non esplicita la necessità che debba essere riconosciuta efficacia retroattiva al privilegio introdotto.
Ne conseguirebbe che in tutte le ipotesi in cui l’escussione di MCC sia precedente rispetto all’introduzione dell’art. 8 bis non vi sarebbe privilegio.
Quanto allo strumento di riscossione poi, solo il credito (realmente restitutorio e quindi pubblico) nei confronti del terzo prestatore di garanzia potrebbe essere recuperato direttamente mediante cartella di pagamento; laddove invece MCC azionasse l’aspetto privatistico della fattispecie, azionando quindi le garanzie emesse a favore del solo istituto di credito, oltre a non aver diritto ad alcun privilegio se non per le fattispecie successive alla sua introduzione, per quanto sopra detto e accettata in quest’ultima ipotesi concettualmente la configurabilità della trasformazione di un credito chirografario in privilegiato, dovrebbe altresì precostituirsi il titolo esecutivo ex art. 21 D.lgs 46/1999.
La presenza del privilegio non sarebbe infatti comunque idonea a trasformare il credito da recuperare mediantesurrogazione in un credito statale da restituzione.
La giurisprudenza prevalente tuttavia ammette questa possibilità collegando la facoltà dell’escussione mediante ruolo alla causa pubblicistica, soluzione che lo si è detto, sembra onestamente una forzatura del sistema.
Forse quindi la ricostruzione che vede nel fideiussore bancario il terzo prestatore di garanzia non è quella corretta, perché costringe l’interprete ad ammettere che il credito di MCC verso il garante privato sia diverso rispetto al credito vantato nei confronti del beneficiario dell’agevolazione, perché costringe ad ammettere nel sistema la possibilità della trasformazione di un credito chirografario in uno privilegiato a seguito di escussione della garanzia pubblica e quindi perché costringe a validare una violazione della par condicio creditorum.
Se si volesse armonizzare l’intera fattispecie senza forzature, infatti, dovrebbe ritenersi che per terzi prestatori di garanzia, l’art. 8 bis L.33/2015 si riferisca ai soggetti che abbiano rilasciato una garanzia a favore (quantomeno anche) di MCC, di talché il terzo prestatore di garanzia sarebbe in questa ipotesi un obbligato in solido con il beneficiario dell’agevolazione e in questo senso, si giustificherebbe l’interpretazione per cui la norma (art. 8 bis) avrebbe carattere ricognitivo, quindi retroattivo. Con uno sforzo interpretativo infatti anche il garante di MCC potrebbe essere ritenuto beneficiario dell’agevolazione, o comunque tenuto alla sua restituzione in presenza di inadempimento.
Ma questo risultato non pare possa ricondursi al testo della fideiussione bancaria, perché, anche se prevedesse testualmente l’impegno del garante alla restituzione delle somme anche verso MCC, comunque la garanzia bancaria non contiene, quanto ai testi in circolazione, alcuna indicazione sulle altre patologie che potrebbero incidere sulla restituzione, come ad esempio l’ipotesi (non residuale) di utilizzo dei fondi erogati in modo difforme rispetto alle finalità volute dalla legge e che giustificano l’aiuto di Stato. Si pensi all’ipotesi di fondi utilizzati per beni voluttuari di consumo, la cui restituzione venga ratealmente effettuata e quindi non vi sia l’inadempimento sotto questo profilo.
In sintesi, quindi, il terzo prestatore di garanzia dovrebbe essere il soggetto che firma quale garante la richiesta di concessione dell’agevolazione statale.
Ne consegue che l’interpretazione sistematica proposta è quella che pare più aderente alla fattispecie nel suo complesso valutata:
- inapplicabilità tout court dell’art. 8 bis L.33/2015 alle fideiussioni bancarie e
- interpretazione della norma come riferita agli impegni di soggetti ulteriori rispetto all’impresa beneficiaria, impegni assunti nei confronti di MCC e per tutti i casi di decadenza, revoca, inadempimento dell’agevolazione statale.
In questa prospettiva infatti i terzi prestatori di garanzie sarebbero obbligati in solido e soggetti passivi degli stessi obblighi restitutori in capo al beneficiario dell’aiuto di Stato, i crediti sarebbero di certo privilegiati ab origine in quanto crediti pubblici, l’art. 8 bis L.33/2015 sarebbe norma ripetitiva del privilegio e i crediti, essendo così costruiti, propriamente entrate statali, sarebbero aggredibili con le medesime modalità stabilite dalla legge per queste ultime, ossia con la riscossione mediante ruolo. Coerentemente poi il ruolo emesso da ADER sarebbe unico in relazione all’unico debito revoca dell’agevolazione.
Vedremo l’evoluzione della giurisprudenza su questi temi, nell’auspicio che si apra comunque un dibattito giuridico senza finalità protezionistica, dato che benché si parli di sostanze statali, che l’intera collettività ha legittimo diritto di pronto recupero, non possono essere per ciò solo affrontati dogmaticamente o adottate soluzioni non pertinenti per riparare ex post errori applicativi o interpretativi.
Gladys Castellano e Nicola Stiaffini
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